Dilacerata dal conflitto tra cultura teorica e cultura di svago l’archeologia, più dell’arte, ha subito una discrasia con i suoi utenti e fruitori.
Assiepata spesso dietro una comunicazione non intuitiva, iper-specialistica e compiacentemente di nicchia, ha vissuto quindi un isolamento rispetto ad altre discipline umanistiche.
Nell’ultimo decennio, a colmatura del gap, ha avviato un’attitudine crescente alla spettacolarizzazione, al virtuale, all’espediente del fantasy, trascurando spesso l’immediatezza del racconto attraverso il rapporto umano.
La collana si pone come obiettivo la raccolta di esperimenti di narrazione archeologica trasparente, collegata alla story-telling, intesa come racconto a viva voce di suggestioni ed emozioni dei protagonisti archeologi che ha l’obiettivo antico dell’empatia. Un obiettivo volto alla divulgazione e, al contempo, all’esercizio di una fondamentale qualità umana. In una direzionalità biunivoca.
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