ALTRIMEDIA STORIES

Capitolo IV

«Vidi Luigi cadere» raccontò Clara al magistrato, quando fu dimessa dall’ospedale

«e con tutta la voce che avevo in gola urlai a più riprese aiuto, ma nessuno mi sentì, intanto i tre uomini lo avevano legato e imbavagliato, lasciandolo svenuto a terra. Continuai a gridare, ma uno di loro mi colpì in pieno viso con un ceffone che mi stordì, sentii il sapore del sangue sulle labbra.

Mi disse: “Se hai a cuore la pelle, sta zitta e seguici, è meglio per te”. Gli altri due mi presero sotto braccio, spingendomi avanti, mi sentii persa, ero terrorizzata e lacrime di disperazione solcarono le mie guance. Entrammo nella casa e, oltrepassato un ingresso pieno di calcinacci, passammo in un salone, anch’esso in stato di abbandono.

Mi portarono vicino al camino, dov’era sistemato un materasso e una lurida coperta. Illuminati dalle lingue di fuoco, come in un raccapricciante sabba, i tre sadici mi saltarono addosso: uno m’infilò le mani nel reggiseno, un altro, tenendomi per i capelli, cercava di baciarmi, il terzo mi stava tirando giù i jeans.

Perdevo sangue, singhiozzavo, cercavo di difendermi come potevo, ma i tre ebbero la meglio e stavano per fare di me ciò che gli pareva. Tuttavia, non sembravano aver fretta. Uno di loro, mentre i due continuavano a maneggiarmi senza alcun ritegno, andò ad accendere lo stereo, raccolse da terra una bottiglia di liquore e bevve a sazietà, poi la passò ai compari che, tenendomi sempre sotto controllo, bevvero anch’essi dalla bottiglia.

In quei momenti rimpiansi amaramente la mia determinazione a rimanere sul posto, pensai a Luigi, steso a terra, bisognoso di cure ed ebbi pietà di lui. Rassegnata al peggio, mi chiesi se ci avrebbero lasciati andare. Ma era solo una speranza illusoria. Un’infinità tristezza s’impossessò di me e quando i tre, puzzolenti d’alcool, mi furono di nuovo addosso, affidai la mia anima a Dio.

Quei maledetti, però, volevano divertirsi prima di finirmi, vestita della sola biancheria intima, pretesero che ballassi, mentre loro continuavano a bere, a sghignazzare, a bestemmiare; mi misero al centro, mi spingevano, mi picchiavano, godevano del mio terrore.
Sentivo le loro mani dappertutto e, con tutte le mie forze, mi ribellai: urlai, scalciai, li morsi… con l’unico effetto di eccitarli ancora di più. Quando, ormai, avevo esaurito le forze, incapace di oppormi a quel turbinio che era il passaggio violento dalle mani di uno a quelle di un altro, caddi per terra. Allora, uno di loro mi prese e mi spinse sul materasso, mi strappò gli slip e urlò agli altri di tenermi.
Stavo per perdere i sensi, quando una circostanza prodigiosa mi restituì la coscienza. Nella stanza, illuminata solo dal bagliore del fuoco, dove stava per svolgersi l’orgia,
si sentì abbaiare, mi voltai e vidi avanzare, dal fondo della stanza, il pastore bianco seguito dai due ragazzi che avevamo incontrato in strada.

La greve, inconcepibile visione mi rincuorò. Intanto, forti folate di vento, il cui ululato affievoliva i suoni che arrivavano dall’impianto stereo, invasero l’ambiente, facendo sbattere le porte e dando al fuoco nuovo ardore.

“In quel surplus di luce” raccontò Clara all’esterrefatto e imbarazzato magistrato “potei vedere bene la scena e mi chiesi se non fosse solo un sogno che la mia mente stava elaborando per rimuovere il presente e predispormi al peggio.
Qualcosa però rendeva il tutto reale: la reazione dei tre scellerati che, alla vista del gruppo che avanzava, si staccarono da me e si apprestarono a fuggire. Fu allora che successe l’incredibile, il cane cominciò a ringhiare e alzatosi sulle zampe posteriori in un salto gli fu addosso, aggredendoli con le unghie e le zanne, mordendoli con una furia che nessuno avrebbe potuto contenere.

Vidi il sangue colare abbondante dalle ferite, i loro sguardi terrorizzati, folli.

La scena durò qualche minuto, finché la bambina richiamò il cane, che sembrava scontento di non poter finire il lavoro, ma ubbidì e si ritirò. Allora lei fece dei passi nella loro direzione e parlò:

“Uscite da questa casa, gente par vostra non è gradita, siete la feccia dell’umanità”, disse con voce gelida e ostile. Si fece avanti il ragazzo che aggiunse: “Avete insudiciato la nostra casa, non la passerete liscia, ogni notte, ovunque siate, il mio cane verrà a lacerare le vostre luride carni. Via di qui demoni!”

Era troppo, riuscii ancora a vedere i miei carnefici, fissi sulla visione, indietreggiare con estrema lentezza verso l’ingresso e uscire di scena, poi persi i sensi e svenni».

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