Guardie e ladri

15,00

“Quella mattina Matera si svegliò sotto un cielo che non prometteva nulla di buono. Le nubi scure minacciavano pioggia, e quella nebbia tipicamente mattutina contribuiva, di per sé, a dare un senso di grigiore alla città. Eppure, nelle giornate precedenti, il sole l’aveva fatta sempre da padrone, portando serenità e luce a quella cittadina tranquilla della Basilicata. In fin dei conti, quel tempo là fuori, sembrava voler fare da preludio alla trasformazione che Matera avrebbe avuto quel giorno. Da città soleggiata e tranquilla stava per essere colpita dall’oscurtà, un’oscurità che l’avrebbe profondamente turbata nei giorni a venire. Tremendamente turbata. Finché il sole non fosse tornato a splendere. Il commissario Rinaldi, quella mattina, stava vivendo ancora la sua fase di dormiveglia, durante la quale si alternavano pensieri di vario genere a brevi ed evanescenti sogni. Continuava a girarsi e rigirarsi sul suo letto, facendo ben attenzione a stringersi nelle coperte per affrontare quei brividi di freddo causati dalla finestra aperta solo a metà. Tra un sogno e l’altro dava un’occhiata all’orologio di fronte al letto: più di una volta sobbalzò pensando di essere in ritardo per raggiungere la Questura. Ma ogni volta si doveva rassicurare perché quella mattina aveva il privilegio di non dover lavorare. Ovvio che non doveva lavorare: la sera precedente non avrebbe fatto le ore piccole a bere birra con Francesco e Massimo, intervallando un sorso e un altro con i loro discorsi tipicamente maschili di calcio e donne. Almeno quel week-end poté permetterselo, visto che in genere non era preso da nulla al di fuori del suo lavoro e non vedeva nessun altro al di fuori dei suoi colleghi”.